CASA CATERINA
Azienda Agricola di Monticelli Brusati, Brescia
Emozionante Metodo Classico “dissidente” prodotto in Franciacorta
Avete voglia di gustare un Metodo Classico “ribelle” e “naturale” prodotto in Franciacorta, ma senza Docg? Se la risposta è affermativa, allora questo Vino firmato Casa Caterina ha il carisma per spiazzare i vostri Enoici sensi, per poi condurli in un viaggio originale, suggestivo, fuori dagli schemi.
La filosofia produttiva di Aurelio ed Emilio Del Bono non accetta compromessi e poggia su rigidi principi biologici/biodinamici. In Cantina c’è un assoluto rispetto del frutto coltivato in vigna, tutte le fermentazioni avvengono grazie a lieviti indigeni. Nella produzione di Metodo Classico si effettuano lunghi affinamenti sui lieviti e il dosaggio finale avviene con la sola aggiunta dello stesso Vino. Tutto concorre al massimo rispetto della naturalità del frutto.
Nella produzione spumantistica i fratelli Del Bono hanno deciso di non far parte della denominazione Franciacorta Docg, producono seguendo i principi di un loro “disciplinare” non scritto, che poggia su un’intransigente filosofia “naturale”. Tale approccio viene osservato pure nella produzione di Vini fermi, anch’essi caratterizzati da affascinanti profili organolettici che portano la firma Del Bono.
Per comprendere meglio la loro filosofia, dedichiamoci alla degustazione del Metodo Classico Brut Nature “Cuvèe 60” 2009, ottenuto con 100% Chardonnay, affinamento per 60 mesi sui lieviti, titolo alcolometrico 12,5%.
Nel bicchiere si presenta con un intenso giallo paglierino impreziosito da evidenti riflessi dorati, con un perlage ricco e dotato di ottima finezza.
Il comparto aromatico è uno degli aspetti più affascinanti e caratterizzanti di questo Metodo Classico: molto intenso, atipico, originale, spiazzante, complesso. Ci possiamo divertire a cogliere i profumi che continuamente evolvono sotto i colpi dell’ossigenazione. La matrice dominante è caratterizzata da note di frutta bianca matura, idrocarburo e uvetta sotto-spirito, poi col passare del tempo possiamo apprezzare l’alternanza di sentori che ricordano nocciola, fieno e magnesio.
Il sorso è intenso, deciso, piuttosto austero, secco, caratterizzato nella fase iniziale da una piacevole cremosità gustativa, in attesa di ricevere nel palato la sferzata acido-sapida. Freschezza e mineralità dominano la parte finale del sorso, supportato da una lunga persistenza e con un retrogusto che richiama piacevolmente alcune sensazioni percepite all’olfatto.
Un Metodo Classico che porta la firma organolettica dei fratelli Del Bono, con un profilo fuori dagli schemi, carismatico, con il quale bisogna entrare lentamente in confidenza. All’inizio si può restare spiazzati, perché si discosta dal tradizionale concetto di Franciacorta a cui sono abituati i nostri sensi. Non abbiate fretta e ascoltate la sua originalità, senza avere pregiudizi Enoici.
Bisogna degustare questi Vini contestualizzandoli nella filosofia produttiva di Casa Caterina, occorre spogliarsi dagli schemi precostituiti per essere pronti a nuove sensazioni, lasciandosi prendere per mano ed entrare in simbiosi con questo carattere gusto-olfattivo atipico, ma assai affascinante.
Questo è solo uno dei “gioielli” di Casa Caterina, sono molte le loro sorprese Enoiche, sia in termini di Metodo Classico che di Vini fermi: ognuno con un carattere singolare e tutto da scoprire.
Per comprendere al 100% l’anima di questi Vini, dovreste conoscere di persona Aurelio Del Bono, che grazie al suo istrionico carisma saprà condurre la vostra mente dentro l’universo della loro filosofia: radicale, controcorrente, genuina
Tratto da vinoinsala.blogspot.it
ARTIGIANI DEL VINO - Bologna, 4 Luglio 2015
Visitando Casa Caterina, azienda condotta dal vulcanico Aurelio Del Bono, pare di sì. Tanto che questo vignaiolo ha deciso di uscire dalla denominazione per seguire un proprio percorso in piena libertà, orientato alla produzione biodinamica e svincolato dagli stilemi imperanti, orientati dalla domanda che vuole vini di pronta fruibilità e per questo a mio avviso spesso privi di personalità.
Non è il caso della batteria di spumanti presentati da Aurelio, che anche nel suo vino più orientato al mercato (per sua stessa ammissione) non scende a compromessi: niente dosaggio e non meno di 60 mesi di permanenza sui lieviti.
Pur essendo il più agile tra gli spumanti dell’azienda, il Brut Nature Cuvée 60 è comunque un vino importante, mantenendo una buona versatilità.
A seguire un Brut blanc de blancs millesimo 1995 (in realtà riconducibile alla tipologia Satén – o Cremant – come a lui piace chiamarlo), Chardonnay e Pinot Bianco.
Appena aperto un po’ “scontroso”, tanto da apparire “corto”, si apre e si allunga via via che passano i minuti, concedendo emozioni sempre più piacevoli. Note di ossidazione (Aurelio ricerca volutamente uno stile “Bollinger” o “Selosse”, se preferite), struttura importante ma non “eccessiva”.
Ed ecco il Brut Réserve 1997, non dosato, a base di Pinot Nero, completato da una percentuale minoritaria di Chardonnay.
Qui entriamo nel campo dei “vini estremi”: carico nei colori e ricco nei profumi con note di ossidazione che non a tutti possono piacere (ma che personalmente amo molto), grande presenza in bocca.
Finita la gamma dei metodo classico (manca un brut “Sauvage” millesimo 1989 che Aurelio non reputa ancora pronto alla degustazione) ci propone L’Estro annata 2006, un bianco da varietà transalpine (Marsanne, Sauvignon e Viognier) in stile volutamente francese, di struttura imponente e il Noncé 2006, un sorprendente Gewürtztraminer che spiazza per la spiccata mineralità, a mio modo di vedere ottima interpretazione del territorio e delle sue potenzialità.
Ma non è finita: Aurelio sparisce per un momento e torna dalla cantina con una bottiglia priva di etichetta, e glissando sulle domande relative alla natura del contenuto, stappa e versa nei calici un rosso. Al naso si presenta un vino giocato sull’ampiezza di note animali. Comincia la ridda di ipotesi: Pinot Nero ? Sirah ? Alla fine, dopo qualche indizio, Aurelio ci orienta alla giusta risposta: 100% Rebo ! Ci spiega poi come a suo modo di vedere in zona ci siano terreni particolarmente vocati per la coltivazione di questo vitigno.
A questo punto ci alziamo per scendere in cantina, dove il nostro ospite ci fa assaggiare le basi per i futuri metodo classico e le numerose sperimentazioni ed esperienze che sta portando avanti: dal Moscato Rosa all’Incrocio Manzoni. Ci sorprendiamo di fronte all’assaggio in botte di un Pinot Meunier con il quale Aurelio sogna di proporre in futuro uno spumante monovitigno dall’inusuale ed accattivante colore tra l’ambrato e il rosa antico.
In conclusione: probabilmente i “puristi” dei tecnicismi storceranno il naso di fronte a talune “spigolosità” dei vini di Casa Caterina, ma essi entrano a pieno diritto nel novero dei vini “emozionali”, capaci di donare sensazioni pienamente appaganti a chi li saprà cogliere nella loro particolarità
Tratto da
vitisblog.wordpress.comColpevolmente, nelle varie degustazioni “naturali” giunte a Roma negli ultimi anni, abbiamo poco considerato questa azienda lombarda. Colpa ancor maggiore perchè dovuta a semplice ignoranza. Non conoscevamo affatto Casa Caterina (non se ne parla troppo neanche in rete) e non è semplice trovarne in enoteca delle bottiglie vista l’originallità della proposta e la limitatezza della produzione.
Infine abbiamo rimediato al torto fatto. Ma non con una delle loro celebri bollicine. Siamo partiti, come nostra abitudine, da un rosso. Ma facciamo un passo indietro:
Casa Caterina è un’azienda di circa 7 ettari condotta dai fratelli Del Bono a Monticelli Brusati, in zona Franciacorta. Si pratica agricoltura il più naturale possibile, così come in cantina si cerca di intervenire poco o nulla. La produzione si fonda innanzitutto su un nutrito gruppo di Metodo Classico che si rifanno un poco alla tradizione dei piccoli produttori dello Champagne. Lunghissimi affinamenti in bottiglia, grande voglia di sperimentare e giocare sulle ossidazioni. Bollicine non per tutti i palati. Troviamo però anche dei vini fermi, sia bianchi che rossi, principalmente da vitigni internazionali quali Merlot, Sauvignon Blanc, Viognier, Cabernet Sauvignon ecc… (ma ci sono anche Gewurztraminer e Rebo).
Nel calice di fronte a noi abbiamo il Vita Grama 2000, sorta di base aziendale (un base di quasi 13 anni!!!), rosso a base di Merlot, Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon (60, 35, 5%). Qualche timore per un tappo un po’ malandato ma, fortunatamente, ciò che fuoriesce dalla bottiglia è solo il profumo di un buonissimo vino ben conservato. Mantiene ancora un bel colore vivo, non troppo concentrato. Profumi inizialmente scuri e un po’ selvatici. Terra bagnata, cenere, sensazioni ematiche, incenso, fondo d’arrosto. Con l’ossigenazione il quadro si amplia con la foglia di pomodoro, l’alloro, spezie scure quali pepe nero e chiodi di garofano, liquirizia. Dopo qualche tempo emerge il lato più goloso con l’amarena e la prugna. Assaggio che ormai è un classico in questo genere di vini. Alcool tenue, liquido succoso, fresco, di grande bevibilità (la bottiglia letteralmente finisce in un lampo). A questa base agguinge dei tannini ancora molto vivi ed una bella complessità ed espressività gustativa e varietale che culmina in un finale lungo, gustoso, salino, fruttato e speziato, con ricordi vegetali/balsamici. Rosso davvero godibile e di ottimo livello, bevuto forse nel suo momento migliore (chissà?). Un piacere su molteplici preparazioni di carni rosse o primi importanti, possibilmente evitando un eccesso di grassezza. Una semplice bistecca al sangue ne esalta gli aromi, uno spezzatino di cinghiale sarebbe un’altra buona idea
Tratto da
sommelierdiary.com